20 settembre 2013
Ai fi ni della condanna al pagamento delle somme a titolo risarcitorio, la Corte territoriale ha ritenuto insussistente l’ipotesi di errore inevitabile del datore ai fini della richiesta riduzione del risarcimento alla misura minima delle cinque mensilità di retribuzione.
Il datore ha proposto ricorso, deducendo che i giudici di merito, nel determinare le conseguenze risarcitorie della pronunciata nullità del licenziamento, non avrebbero compiuto la necessaria indagine sulla sussistenza stessa e sulla rilevanza dell’imputazione soggettiva, per colpa, del comportamento del datore stesso.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, precisando che la dichiarazione di invalidità del licenziamento non comporta automaticamente la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno nella misura stabilita dal quarto comma dell’art. 18 Statuto dei lavoratori, con esclusione di ogni rilevanza dei profi li del dolo o della colpa nel comportamento del recedente. Condanna al pagamento delle mensilità medio tempore maturate perché il datore non ha dimostrato che l’inadempimento fosse dovuto a impossibilità della prestazione a lui non imputabile.
Gli Ermellini hanno dichiarato che, nel caso di responsabilità risarcitoria del datore per licenziamento illegittimo, si applica l’art. 1218 c.c., secondo cui il debitore non è tenuto al risarcimento del danno nel caso in cu fornisca la prova che l’inadempimento consegue a impossibilità della prestazione a lui non imputabile.
Per i Giudici, nel caso in esame, il giudice di appello ha correttamente ritenuto, con valutazione in fatto (non censurabile in sede di legittimità) il ricorrente responsabile, in quanto non ha fornito la dimostrazione ex art. 1218 c.c..