3 marzo 2015
L’esercizio del diritto del disabile allo stabile inserimento nel mondo del lavoro, garantito con l’attribuzione della quota di riserva in riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato, non può essere negato per effetto di una circostanza del tutto transitoria, quale la pendenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato. Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24723/14, (se il d.l. n. 90/2014 sarà convertito in legge la questione sarà oggetto di numerosi cambiamenti).
Insegnante precario e disabile. Un insegnate o anche un infermiere disabile ha lavorato per anni come supplente, con una certa continuità, alle volte, anche per un intero anno scolastico. Superato il concorso pubblico per entrare di ruolo, in quota disabili, non veniva collocato poiché l’ente territoriale di riferimento sosteneva che la pendenza del suo rapporto di lavoro a termine, impedisse l’instaurazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato (ruolo). La legge n. 68/1999 stabilisce che i datori di lavoro pubblici e privati siano tenuti ad avere alle proprie dipendenze una quota di lavoratori disabili, c.d. quota di riserva,da calcolarsi in percentuale sul numero di lavoratori impiegati nell’azienda.
In particolare, l’art. 16, comma 2, prevede che i disabili che abbiano conseguito l’idoneità nei concorsi pubblici possano essere assunti nella c.d. quota di riserva, anche se non versano in stato di disoccupazione.
E’ proprio l’accertamento dello stato di disoccupazione a far scaturire la controversia oggetto della sentenza in commento. Secondo l’insegnante, la ratio della legge n. 68/1999 è lo stabile inserimento del disabile nel mondo del lavoro.
Tale fi ne è raggiunto mediante l’attribuzione di una quota di riserva con riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato. Di conseguenza, uno stato temporaneo di occupazione, quale la stipula di un contratto a tempo determinato, non osta all’assegnazione del posto fisso in quota di riserva.
Contrariamente, secondo la Provincia, ai sensi dell’art. 4, d.lgs. n. 181/2000, lo stato di disoccupazione cessa nel caso di rapporti
di lavoro a termine della durata superiore ad otto mesi.
Pertanto, nel caso di specie, non poteva considerarsi disoccupato, l’insegnate precario che comunque aveva avuto un incarico di supplenza di durata annuale. Si badi che, al superamento del concorso, l’insegnante non aveva alcun incarico.
Principio di civiltà e diritto è valorizzare i disabili come forza lavoro attiva. È questo l’obiettivo più nobile della legge sul collocamento obbligatorio dei disabili. Le radici di una simile scelta affondano nell’art. 38 Cost. che sancisce il diritto inderogabile degli inabili e dei minorati all’avviamento professionale! Non solo, sulla stessa lineasi pongono l’art. 26 della Carta di Nizza, dove si legge chiaramente che il lavoro è veicolo di partecipazione alla vita della comunità, e l’art. 27 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei disabili, che determina un impegno internazionale affi nché i disabili possano mantenersi attraverso un lavoro liberamente scelto, che li includa maggiormente nella società.
Per onorare un simile impegno l’art. 16, l. n. 68/1999 va letto con un duplice approccio: da un lato, esso pone limiti alla partecipazione dei disabili a concorsi pubblici solo ed esclusiva mente in casi tassativi; dall’altro, a dimostrazione dell’assoluta vincolatività dell’assegnazione dei posti riservati inderogabilmente ai disabili, riconosce la possibilità di assumere i disabili, che abbiano superato il concorso, anche se non versano in stato di disoccupazione ed oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso.
La Suprema Corte, quindi, riconosce il diritto al collocamento obbligatorio anche nel caso in cui il disabile non versi in stato di disoccupazione ed in particolare afferma che l’occupazione temporanea, in virtù di un contratto a termine, non costituisce motivo ostativo al collocamento obbligatorio, poiché il suo carattere precario confligge con l’impegno delle Istituzioni allo stabile collocamento del disabile nel mondo del lavoro.
Nella sentenza in commento la nuova norma non è stata presa in considerazione, in quanto non applicabile ratione temporis, ma in futuro,
si potrebbero prevedere conflitti interpretativi.