8 settembre 2014
La Cassazione afferma l’illegittimità della trattenuta sulla tredicesima nel caso dei permessi usufruiti, ai sensi della legge 104/92, dalla lavoratrice madre di un minore portatore di handicap.
Tanto si sostanzia come di un deterrente per il godimento dei benefici, contrario alle finalità della norma. Il principio espresso è che vi possa essere computabilità tra permessi e tredicesimae opera sia nel settore privato sia nel pubblico.
La Corte di Appello di Reggio Calabria condannava una società a corrispondere alla propria dipendente una somma di denaro riguardante i permessi usufruiti ex art. 33, comma 3, l. n. 104/1992 in qualità di lavoratricemadre di minore portatore di handicap.
Emergeva, in questo giudizio di secondo grado, che la non computabilità di detti permessi ai fini della tredicesima opera solo nel caso in cui questi si cumulino con i congedi parentali previsti dall’art. 7 l. n. 1204/1971 (legge sulla tutela della maternità, modificata dal Dlgs 151/2001).
In buona sostanza, poiché ambedue le normative permettono dei permessi le trattenute, si possono applicare solo nel caso si usufruisca dei permessi di tutte e due le normative. La parte datorile, nel rivolgersi alla Suprema Corte, lamenta la falsa applicazione della norma riguardante le agevolazioni per i genitori lavoratori con figli minori con handicap.
Una lettura sistematica della disciplina dei permessi ci induce a ritenere come gli stessi possano essere estesi per i congedi parentali pur in presenza di contraddizioni, in primo luogo, rispetto alla loro diversa natura e al loro diverso regime economico.
Il congedo parentale può essere richiesto per un lasso di tempo ampio, tale da determinare una «significativa sospensione» della prestazione lavorativa, a differenza dei permessi, sicuramente incidenti in misura limitata. Inoltre nel caso dell’astensione facoltativa spetta un’indennità inferiore alla normale retribuzione, mentre per chi presta assistenza ai portatori di handicap grave l’indennità, si commisura alla retribuzione intera.
Altro principio ribadito in sentenza è quello della preminente funzione sociale dei permessi. In conclusione si evidenzia come ragioni di coerenza con la funzione dei permessi e con i principi indicati impongano un’interpretazione della disposizione maggiormente idonea a evitare che l’incidenza sull’ammontare della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei congiunti del portatore di handicap, finendo per disincentivare l’utilizzo del permesso stesso.